Voci dal silenzio
Rappresentazione
Through Roses di Marc Neikrug.
Un uomo su una panca ad un binario di stazione, che si sveglia lentamente da un incubo. È agitato “ora. Che ora è?” guarda l’orologio e comincia a rendersi conto della musica che nella sua testa risuona senza posa e non gli dà pace. “Zitti. Zitti. Zitti!” E la musica tace. “Finito. Bene. Questa è ciò che si chiama disciplina mentale. Ho perso il treno! Ancora una volta”. Così inizia l’odissea del protagonista di Through Roses di Marc Neikrug.
Il protagonista è un violinista destinato per il suo talento ad una grande carriera. Rinchiuso ad Auschwitz vede la musica che tanto ha amato e studiato avvilita, ridotta a macabra parodia di una danza di morte. Per un destino beffardo sarà proprio la sua abilità nel suonare il violino a salvarlo. Mattina e sera accogliere suonando i nuovi arrivati, dare concerti per i comandanti nazisti e le loro famiglie, suonare mentre i prigionieri si avviano verso le camere a gas. Frammenti di memoria si riaffacciano di continuo nella mente di un uomo che cercando di tornare alla vita normale non riesce a dimenticare.
Così come non dimentica la donna amata, la donna sognata, la compagna che avrebbe voluto accanto a sé e che ritrova un giorno sulla strada che conduce al crematorio. Questa immagine si ripresenta sempre ossessivamente alla mente turbata dell’uomo che dopo aver assistito impotente alla morte dell’amata non riesce più a ritrovare alcuna emozione dentro di sé. È la donna, quella che passando attraverso le rose del giardino creato dalla moglie del comandante gli getta l’ultimo lacerante sguardo, il centro emotivo del racconto. L’azione è sospesa in un tempo irreale, lo stesso tempo che all’entrata del campo, dove giganteggia un orologio con le lancette dipinte, immobili, è stato annientato. La vita quotidiana, gli individui, i loro corpi, sui quali sono stati tatuati numeri al posto dei nomi, sono stati cancellati.
Percussioni metalliche segnano il passaggio da un episodio all’altro, come fotogrammi che si susseguono senza soluzione di continuità, flash back emotivi che trascolorano uno dentro l’altro legati da un filo rosso di emozioni che scavano nel profondo.
E la musica risuona senza sosta: le belle musiche di marcia, Haydn, Bach, Mozart, Beethoven, Schubert, il Tristan wagneriano della morte di Isotta, Berg tornano come fantasmi intessuti a fischi di treno, passi pesanti di stivali, abbaiare di cani in un fluire continuo ed interrotto.
È un’opera monologo per la quale Neikrug ha anche composto il testo, partendo da quanto aveva ascoltato sulle vicende di un musicista sopravvissuto ad Auschwitz, di grande intensità e forza drammatica. Gli otto strumenti sono tutti solisti, con la parte leader affidata al violino che fa da controcanto alla voce del narratore.
Il modo musicale è quello dello “Sprechgesang”, che Schönberg sperimentò nel Pierrot Lunaire del 1912 e poi nel Sopravvissuto di Varsavia del 1947.
La musica trapassa dai modi armonici del ricordo a quelli atonali dell’incubo odierno, in cui il passato rivive con le distorsioni della memoria.
Il testo originale nasce in inglese, tradotto poi in tedesco, italiano, francese.
Molte le indicazioni in partitura. Tra queste il ricordo dell’orchestra femminile di Auschwitz dove si trovò a dirigere Alma Rosé, nipote di Gustav Mahler.
Da questo siamo partiti immaginando di rivedere sulla scena i frammenti scomposti delle memorie del protagonista prendere forma. Il suo volto appare in video, mentre ricostruisce le sue memorie. Sul palco rivediamo il violinista bambino, la sua famiglia, il momento della partenza, l’arrivo delle persone con le pesanti valigie, i bambini. Si muovono in una stanza di musica che è al contempo la loro prigione. Perdono via via la loro identità.
Rivediamo le musiciste dell’orchestra, compulsivamente attaccate ai proprii strumenti, che potrebbero salvar loro la vita. Appare anche Alma Rosé che incarna la stessa Diotima, la donna amata, di hölderliniana memoria. Come una sorta di Beatrice, accompagna il protagonista in questo lungo viaggio nel profondo della notte. E di lei rimane lo sguardo, l’ultimo sguardo, frammento di spirito divino che si spegne.
Alla fine riappare l’orchestra, quella dei sopravvissuti, ed il violinista, pronti a suonare in un concerto che non si terrà mai.
Quella che qui proponiamo è una versione scenica, ma dove il protagonista ha il proprio spazio in uno luogo astratto, il video, quasi una prigione della mente, mentre sono gli incubi, le immagini, i sogni a divenire reali, prendendo forma di figure che si muovono sul palco.
Dell’opera si sono date tre rappresentazioni in Italia, la prima al Festival di Montepulciano nel 1985. Più di 500 invece le rappresentazioni in tutto il mondo. Memorabile la versione filmica del 1997 con protagonista Maximilian Schell per la regia di Jürgen Flimm che ha lavorato braccio a braccio con il compositore nel riscrivere una drammaturgia.
Abbiamo pensato doveroso far conoscere questo gioiello musicale che abbiamo avuto la fortuna di scoprire sperando di aprire la strada a nuove future rappresentazioni.
Giovanna Maresta
Romano Adami
Programma
In memoria di Igor Bianchini
composizione per quartetto di sax registrati su base elettronica e flauto
Eccetera Saxophone Quartet:
Laura Chittolina, sax soprano; Giampaolo Etturi, sax contralto; Gabriele Zardo, sax baritono; Marco Rizzi, sax tenore
(Classe di Sax del prof. Gianluca Pugnaloni)
Daniele Braghini, flauto solista
Francesca Campogalliani, Diego Fusari, lettori
Gabriele Barlera, montaggio elettronico
Kaddish da Ravel di Luca Buzzavi per Coro a cappella di voci bianche
Coro dei Corsi Pre-accademici del Conservatorio di Musica “Lucio Campiani” direttore prof. Francesco Loregian
Coro del Liceo Musicale Isabella d’Este direttore prof. Romano Adami
Through Roses di Marc Neikrug
opera da camera per attore ed ensemble da camera (1980)
Marco Galifi, voce recitante
Giacomo Invernizzi, violino solista
Orchestra da Camera della Memoria
Figure del racconto sulla scena:
Chiara olivieri, Diotima
Lorenzo Biancoli, Violinista bambino, doppio del protagonista
Matilde Mastronuzzi, La sorella del violinista bambino
Paola Spadini, La Madre
Pietro Mattioli, Il Padre
Alex Rigoni, Sofia Volpi e Francesco Satta, Famiglie
Giulia Mozzanega, Emma Ruggerini, Lucia Morelli, Luisa Paraluppi, Bambini
Sofia Volpi, Kapò
Giulia Barbiroli, Federica Giannotto, Carlotta Graffigna, Eugenia Longfils, Debora Scandolara, Cecilia Truffelli, Orchestra femminile di Auschwitz
Romano Adami, direttore musicale
Chiara Olivieri e Giovanna Maresta, regia e drammaturgia
Casa d’Arte Fiore - Milano, costumi
Guardaroba Compagnia Campogalliani Pedrazzoli, calzature
Adriano Bigi, luci
Daniele Grassi e Gabriele Pavani, service tecnico luci e fonica