Attraverso i luoghi della Memoria E come potevamo noi cantare
A cura di Giovanna Maresta e Andrea Ranzato Rielaborazione e riscrittura musicale dei cori a cura di Luca Buzzavi.
Trascrizioni ed elaborazioni delle canzoni dei ghetti a cura di Francesco Bonfà.
Introduzione al percorso
Il percorso attraverso i luoghi della memoria mantovana parte necessariamente dal binario numero 1 della Stazione ferroviaria. La mattina del 5 aprile 1944 da qui ripartì alla volta di Auschwitz il convoglio numero 09 proveniente da Fossoli con 42 ebrei rastrellati a Mantova, o altrove, e radunati all’interno della Casa di Riposo Israelitica di via Govi (che già accoglieva alcuni anziani ebrei anche di nazionalità straniera): un vero e proprio campo di concentramento situato accanto alla odierna Sinagoga norsa Torrazzo. Le autorità fasciste, ma anche alcuni delatori a caccia di danaro, collaborarono ad individuare le persone che dovevano partire per la Germania, eseguendo l’ordine arrivato dal comando tedesco di verona. La destinazione finale non era più costi tuita da campi di internamento coatto o di transito, come era finora avvenuto, ma dal centro di sterminio di Auschwitz-Birkenau. Al binario 1 ogni anno la mattina del 27 gennaio la comunità di sinti e rom si riunisce per ricordare le proprie vittime; la comunità ebraica mantovana in Sinagoga legge i nomi di coloro che non sono più tornati, per ridare loro dignità e rispetto. 104 furono gli ebrei mantovani o ebrei catturati nel territorio mantovano deportati verso i campi di concentramento o verso il centro di sterminio: soltanto 5 di questi riuscirono a ritornare. Di alcuni testimoni ascolteremo brevi, frammentarie e sofferte memorie durante le tappe successive in Santa Maria della vittoria, in Sinagoga e nella Rotonda di San Lorenzo.
La chiesa di Santa Maria della Vittoria ri corda un episodio di intolleranza religiosa avvenuto sotto la Signoria di Francesco II Gonzaga. A quel tempo la prospera ed attiva comunità ebraica cittadina, che dalla fine del 1300, epoca del suo insediamento in città, fino a quel momento aveva conosciuto un forte sviluppo, era parte integrante e fondamentale della vita della città. nel luglio del 1495 avvenne che il banchiere Daniel norsa, dopo aver chiesto ed ottenuto dal vescovo due anni prima, dietro pagamento della debita tassa, di cancellare dalla facciata della sua abitazione un’immagine della Madonna col Bambino, durante la processione dell’Ascensione venne fatto oggetto di insulti e sassate da parte del popolo. Il marchese Francesco II Gonzaga impose al fratello Sigismondo di prendere dei provvedimenti e con la commissione al Mantegna di un altro dipinto della Madonna al posto dell’antica immagine avrebbe dovuto dar soddisfazione al popolo offeso, celebrando al contempo la propria vittoria sui Francesi a Fornovo attribuita alla protezione della vergine. Tale dipinto venne quindi realizzato dal Mantegna, ma il marchese, che di questo si sarebbe accontentato, consigliato poi dal frate eremitano Girolamo Redini, che voleva una punizione esemplare per il sacrilegio perpetrato, fece in seguito demolire la casa del banchiere Daniel norsa per edificarvi una chiesa: Santa Maria della vittoria. Un altro dipinto, di ignoto, ritrae la Madonna che sovrasta la famiglia norsa, padre figlio e rispettive mogli, ritratti in aria smarrita e col cerchio giallo sugli abiti, “marchio” distintivo dell’essere ebreo.
Il percorso ci porta poi alla sola rimasta delle sei Sinagoghe, tre di rito italiano e tre di rito tedesco, che erano presenti in città, segno di antico splendore e di scintillante vivacità culturale della comunità ebraica. Quando il ghetto antico (ormai non più tale dal punto di vista giuridico per la soppressione avvenuta con napoleone nel 1798), ormai in stato di abbandono e fatiscenza, venne progressivamente abbattuto tra la metà del 1800 con il momento più intenso di demolizione tra il 1904 e il 1905 e fino agli anni ’30 del 1900, gli arredi e le opere d’arte presenti nella Sinagoga norsa Torrazzo vennero fissati in copie fedeli con calchi di gesso, in modo da ricreare l’antico splendore all’interno del nuovo edificio che viene a costituire una delle più belle sinagoghe al mondo. parte delle suppellettili delle altre sinagoghe italiane (la Scola grande e la Cases) fu invece inviata e accolta in Israele per l’arredo di due importanti sinagoghe, una a Tel Aviv, l’altra proprio a Gerusalemme, nella sede del Gran Rabbinato d’Israele.
Il nostro percorso passa anche attraverso il ghetto antico che, su pressione papale, fu istituito nel 1610 da Francesco I Gonzaga, tra le contrade del Cammello e del Grifone e veniva chiuso ad ogni tramonto da quattro portoni. A nord era delimitato da via Dottrina Cristiana, a sud da via Calvi, ad ovest dalle vie dei Giustiziati e degli Spagnoli e ad est da un breve tratto di via pomponazzo. Fino ad allora non vi erano state restrizioni, barriere e zone separate e la comunità ebraica aveva potuto crescere e svilupparsi con floridezza. Sotto la Signoria dei Gonzaga aveva raggiunto il massimo dello splendore anche in campo artistico grazie al mecenatismo illuminato a sostegno di artisti come il drammaturgo Leone de’ Sommi ed il musicista Salomone Rossi. Ghetto come luogo di separatezza, che sottolinea ancora una volta la volontà di emarginazione di una parte di popolazione della città, peraltro in passato ben integrata.
Tuttavia altri e diversi sono i ghetti che si ricordano nei canti ascoltati. Sono quelli istituiti dai nazisti nelle città dell’Europa orientale via via occupata. Luoghi di segregazione, di fame, di miseria, dove rinchiudere gli individui che improvvisamente divenivano indesiderati prima di decretarne l’eliminazione. Certo, l’opera di emarginazione degli ebrei era iniziata prima: nel 1938 in Italia si inizia con le leggi razziali, che allontanano gli ebrei dalla vita pubblica, dalle scuole, dal libero esercizio delle professioni. Un’eliminazione morale prima che fisica, che li riduce a vivere nascosti, senza mezzi e nella paura costante del peggio. Così avvenne anche a Mantova. Molti furono tratti in inganno dalla iniziale “tolleranza” fascista rispetto a quelle che erano le politiche hitleriane, ma dopo l’8 settembre 1943, con la Repubblica Sociale, nessuna speranza trovò più spazio ed iniziarono i tragici giorni delle retate e delle deportazioni.
Così ascolteremo i canti composti nei campi di lavoro, nei campi di concentramento dove spesso ebrei, sinti, rom, si ritrovarono fianco a fianco, come nel ghetto di Łódź, in polonia. poeti e cantori ebrei hanno raccolto le sofferenze di coloro che trovarono accomunati nella sventura: sofferenze che ritroviamo ad esempio in Tsigaynerlied. pur privati della libertà, questi musicisti hanno continuato disperatamente a conservare la propria dignità e la propria identità: tutto questo si avverte con forza nei canti e nelle musiche che da quei luoghi lontani ci sono pervenute. Canti religiosi, composizioni orchestrali, persino opere liriche. nel campo di Terezín, ad esempio, si ebbe un fiorire straordinario di musica leggera, jazz, classica ad opera di artisti come Ullmann, Klein, Kràsa, Haas: degni epigoni alcuni di loro della scuola viennese di Schönberg e Berg.
Il passaggio per la Rotonda di San Lorenzo è giustificato dal luogo strategico nel quale è collocato lo splendido edificio matildico, al confine e a ridosso del ghetto. Come è accaduto per quasi tutti i luoghi sacri medioevali posti al centro delle città (cattedrali comprese), essa sorgeva affacciata su una piazza nella quale si svolgeva il mercato, cuore economico pulsante della vita della città, e circondata da banchi di vendita dei prodotti più diversi. Questi banchi mobili cominciarono in seguito a diventare postazioni fisse e ad essere edificati a ridosso della Rotonda, trasformandosi via via in case e botteghe. La Rotonda di San Lorenzo venne letteralmente circondata da casupole e botteghe e, ormai degradata dal punto di vista architettonico e statico, abbandonata, con crollo di una parte del tetto, divenne nel corso dei secoli una specie di magazzino-cortile per le botteghe che le sorgevano intorno. Alla definizione prima e alla chiusura poi dei limiti del ghetto, la parte retrostante della Rotonda si affacciava sulla piazzetta del mercato del ghetto stesso. Dopo l’abbattimento delle porte del ghetto e la libertà ottenuta dagli ebrei di insediarsi liberamente in città, anche le botteghe affacciate su piazza Erbe divennero di proprietà ebraica. Della Rotonda si era nel frattempo persa la memoria. Solo con la demolizione delle casupole fatiscenti in occasione di una delle numerose campagne di risanamento del tessuto urbano del centro la Rotonda di San Lorenzo venne riscoperta, restaurata e restituita alla città. La piazzetta retrostante era stata già in precedenza denominata piazza Concordia per sancire la ritrovata unità della città e l’abbattimento, insieme alle porte del ghetto, delle divisioni fra ebrei e non ebrei.
Ultima tappa il Memoriale della Shoah mantovana, nato dal lavoro degli studenti e docenti dell’Istituto “Carlo d’Arco - Isabella d’Este” attorno ai documenti dell’archivio del Regio Istituto Magistrale “Isabella d’Este” riguardanti gli alunni ebrei e gli insegnanti espulsi dalla scuola nel 1938. Arricchito da documenti, fotografie e da testimonianze degli ultimi sopravvissuti fissate in video, l’installazione rappresenta una memoria da preservare preziosa, da condividere con la città e da far crescere in un percorso progettuale che guardi al riconoscimento di diritti e valori di tutti senza alcuna discriminazione.
Giovanna Maresta
Andrea Ranzato
Stazione Ferroviaria
Coro del Liceo Musicale (Gruppo A) dir. Romano Adami
Die Moorsoldaten
testo di Johann Esser e Wolfgang Langhoff (rielaborato da Hanns Eisler), musica di Rudi Goguel
Tsigaynerlied
di David Beygelman Djelem djelem di Žarko Jovanović
Andr'oda taboris
anonimo
Anì Ma’amin,
musica attribuita a Reb Azriel David Fastag
Santa Maria della Vittoria
Coro dei Corsi Pre-accademici del Conservatorio dir. Francesco Loregian
Coro del Liceo Musicale (Gruppo B) dir. Romano Adami
Am’cha Israel, Haleluja, Hedad hedad gina k’tana, Tre cori ebraici
di Viktor Ullmann
Dal profondo dell’inferno
di Leonard Krasnodębski
Ha-tiqvà
di Naftali Herz Imber e Samuel Cohen
Wiegala
di Ilse Wieber
Francesco Gilioli, chitarra
Federica Grazia, voce
Rotonda di San Lorenzo
Coro giovanile “Giovani in Gamma” dir. Luca Buzzavi
Oyfn pripetshik
testo e musica di Mark Varshavski Shtiler shtiler testo di Shmerke Kaczerginski, musica di Alex Volkoviski
Gaia Maestrelli, voce
Rivkele del sabato
testo e musica di Paysakh Kaplan
Rita Gelmetti, voce
Francesco Bonfà, chitarra
Sinagoga Norsa Torrazzo
Coro di voci bianche “Voci in festa” Città di Mantova dir. Marino Cavalca
Coro giovanile “Giovani in Gamma” dir. Luca Buzzavi
Durme di Luca Buzzavi e Shema’ Israel
Avinu Malkenu musica di Max Janowski
Elena Guerreschi, soprano
Gam gam
di Elie Botbol
Hine ma tov
Elena Guerreschi, soprano
Shalom Alekhem
Tommaso Consoli, chitarra
Testimonianze mantovane
Materiale inedito tratto dalle interviste a Lidia Gallico, Vittorio Jarè, Leonello Levi, Luciana Parigi e Silvana Vivanti.
A cura del Prof. Andrea Ranzato.
Ricordi di un ragazzo ebreo: una scelta per la vita, Italo Bassani
Un ragazzo ebreo a Mantova negli anni del razzismo fascista, Corrado Vivanti
Memorie di sinti e rom mantovani testimoni della deportazione (Archivio Sucar Drom)
Se questo è un uomo, Primo Levi
La notte, Elie Wiesel
Testimonianze e brani letti da Francesca Campogalliani e dagli attori e attrici della Compagnia Campogalliani Riccardo Fornoni, Nicolas Ghion, Mario Zolin